漢字 Kanji: Un ostacolo o uno strumento utilissimo?
"Ma come fate con tutti quegli ideogrammi?" 😱
Se studi (o vuoi studiare) giapponese, questa è una delle domande che ti sentirai fare più spesso. I kanji (漢字), i caratteri di origine cinese, sembrano la difficoltà più grande. In realtà, i kanji non sono un ostacolo, anzi! Sono un'arma segreta per imparare il giapponese meglio e più in fretta!
I kanji sono davvero così difficili?
Certo, sono tanti, ma l'idea di doverli imparare tutti è un falso mito. Per leggere un giornale ne bastano circa 2000, i cosiddetti jōyō kanji; per superare il primo livello dell'esame JLPT addirittura ne bastano circa 150. La cosa più affascinante? Sono come dei LEGO: tutti i kanji, anche i più complessi, sono costruiti a partire da un numero limitato di "mattoncini" base, i radicali. Imparando questi, imparare nuovi kanji diventa un "semplice" processo di montaggio e costruzione.
Ma sono necessari? Non si potevano eliminare dal giapponese?
Ci hanno provato! Più volte nella storia, a partire dal 1866 con lo statista Maejima Hisoka, si è proposto di abolire i kanji per semplificare la lingua. Perché non ha funzionato? Perché il giapponese è una lingua ricchissima di omofoni: parole che si pronunciano allo stesso modo ma hanno significati diversi. Senza i kanji, distinguere tra kumo (蜘蛛, ragno) e kumo (雲, nuvola) in un testo sarebbe un'ardua impresa. I kanji danno un significato visivo immediato che le scritture fonetiche (hiragana e katakana) da sole non possono dare.
Come sono arrivati in Giappone?
Il Giappone non aveva una scrittura propria. I kanji arrivarono dalla Cina, attraverso la penisola coreana, intorno al V secolo d.C. Si narra di uno studioso semi-leggendario di nome Wani (王仁) che, invitato alla corte giapponese, portò con sé alcuni testi classici cinesi, introducendo di fatto la scrittura ideografica nel paese. Se volete dare la colpa a qualcuno, adesso sapete a chi 😂
Dai kanji agli hiragana
Nel periodo Heian (794-1185) i kanji erano un "diritto" esclusivo di studiosi e uomini di corte. Le donne nobili erano escluse dall'istruzione formale cinese, ma paradossalmente dovevano eccellere nelle arti, tra cui lo shodō (書道), l'arte calligrafica. Usando le versioni corsive e semplificate dei kanji (chiamate man'yōgana), crearono una nuova scrittura fluida ed elegante, perfetta per poesie e diari personali: l'hiragana. Questa scrittura era conosciuta come onnade (女手), letteralmente "mano di donna", e grazie ad essa abbiamo capolavori come il "Genji Monogatari" (Storia di Genji, il Principe Splendente) di Murasaki Shikibu, considerato il primo romanzo al mondo.
Come li impariamo?
Imparando un kanji alla volta, pian piano iniziamo a riconoscere il significato degli elementi che li compongono, talvolta raccontandoci delle brevi storie per unire i radicali in un gruppo più complesso. Il nostro cervello, per imparare i kanji, attiva aree diverse rispetto a quando impariamo una lingua alfabetica. Studi di neuroscienze hanno dimostrato che leggere i kanji coinvolge pesantemente l'emisfero destro del cervello, quello legato all'elaborazione visuo-spaziale. In sostanza, studiare giapponese è una vera "palestra" per la mente, capace di potenziare abilità visive e mnemoniche che altre lingue non stimolano allo stesso modo.
Il paradosso finale: i kanji rendono la lettura più facile!
Un testo composto di soli hiragana, senza spazi tra le parole, è un muro di segni difficilissimo da decifrare. I kanji "spezzano" visivamente la frase, funzionando come ancore di significato. Anche se non ricordi la pronuncia di un kanji, spesso ne riconosci il significato, e questo ti permette di capire il senso generale del discorso!
Studiare i kanji non è solo imparare una scrittura, ma aprire la mente a un nuovo modo di pensare e di vedere il mondo. È una sfida che ripaga con una comprensione più profonda non solo della lingua, ma della cultura che l'ha creata.
E tu cosa ne pensi? Se già studi giapponese, come vivi la tua relazione con i kanji? Mentre se lo studi ancora... vuoi provare questa avventura? 😜💪
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