ご飯 Gohan: Il Cuore della Tavola Giapponese

Dopo aver esplorato i ritmi della società e delle celebrazioni, è giunto il momento di sederci a tavola. Per i prossimi articoli, parleremo di cibo. E per capire la cucina giapponese, bisogna partire dall'elemento che non è solo un ingrediente, ma un'intera filosofia: il riso.

La Parola: il Riso Onorifico

Come sempre, partiamo dalla parola per svelare un intero mondo. La parola più comune per indicare il riso cotto e, per estensione, il pasto, è ご飯 (gohan). Questo termine è composto da due parti:

  • 御 (go-): è un prefisso onorifico (keigo, 敬語). La sua presenza non è casuale: serve a denotare rispetto, importanza e persino sacralità.

  • 飯 (han): è il kanji che indica il riso una volta cotto, e per estensione, il pasto stesso. Esiste anche una forma più colloquiale e senza onorifico, 飯 (meshi), usata in contesti più informali o per darsi un tono più "maschile" e diretto.

Questa semplice distinzione linguistica ci insegna già una lezione fondamentale: in Giappone, il riso non è un contorno. È un elemento così centrale e vitale da meritare una forma di rispetto grammaticale nella lingua di tutti i giorni. Non si dice semplicemente "riso", ma "l'onorevole riso".

La Lingua del Riso: Un Vocabolario della Vita

Il riso è così centrale che la lingua giapponese gli ha dedicato un intero, ricchissimo vocabolario che ne descrive ogni stato e sfumatura.

  • La pianta e il chicco crudo: la pianta del riso nella risaia si chiama 稲 (ine). Una volta raccolto, il chicco crudo è il 米 (kome).

  • Il riso cotto: come abbiamo visto, quando viene cotto il riso diventa 飯 (meshi) o, nella sua forma più comune e cortese, ご飯 (gohan). La forma colloquiale e quasi "maschile" meshi è spesso usata tra amici (es. 「飯食いに行くぞ!」, meshi kui ni iku zo!, "andiamo a mangiare!").

  • I pasti della giornata: la parola gohan si lega ai momenti della giornata per formare i nomi dei pasti: 朝ご飯 (asagohan, colazione), 昼ご飯 (hirugohan, pranzo), 晩ご飯 (bangohan, cena).

  • Le varietà: non tutto il riso è uguale. Si distingue tra il riso comune, a chicco corto e glutinoso (粳米, uruchimai), e il riso dolce e ancora più colloso usato per i dolci mochi (餅米, mochigome). Ma la sensibilità si spinge oltre, celebrando lo 新米 (shinmai), il riso del primo raccolto autunnale, e distinguendo tra riso integrale (玄米, genmai) e riso bianco (白米, hakumai).

Dalla Risaia al Piatto: L’Arte della Cottura

La preparazione del gohan perfetto in Giappone non è una semplice ricetta, ma un rituale preciso, un'arte tramandata per generazioni che mira a esaltare la purezza e il sapore di ogni singolo chicco. Ogni passaggio ha un nome, uno scopo e una storia.

🔹 La Preparazione: Lavare e Risvegliare il Riso

Il viaggio inizia con il lavaggio meticoloso, 米を研ぐ (kome o togu), letteralmente "levigare il riso". Non si tratta di un semplice risciacquo. Il riso viene messo in una ciotola con acqua fredda e sfregato delicatamente ma con fermezza tra i palmi delle mani. Questo gesto non serve solo a pulire il riso, ma a rimuovere l'eccesso di amido e la sottile polvere di crusca (糠, nuka) residua della brillatura che renderebbe il risultato finale colloso e pesante. L'acqua viene cambiata più e più volte, finché non diventa quasi del tutto trasparente. A questo punto, il riso viene lasciato in ammollo (浸水, shinsui), un passaggio fondamentale che permette a ogni chicco di idratarsi uniformemente fino al cuore, garantendo una cottura perfetta.

🔹 La Cottura: dal Focolare all'Elettronica

Tradizionalmente, il riso veniva cotto in pesanti pentole di terracotta (土鍋, donabe) o di ferro con un coperchio di legno (羽釜, hagama), direttamente su un focolare a legna (竈, kamado). Questo metodo richiedeva un'abilità e un'attenzione costanti: bisognava conoscere l'esatta quantità d'acqua, controllare il fuoco con precisione quasi maniacale (prima forte, poi debole) e "ascoltare" il suono del riso per capire quando era pronto. Era un'arte che definiva la competenza di una brava massaia.

La vera rivoluzione sociale, però, è arrivata nel secondo dopoguerra con l'invenzione della cuociriso elettrica (炊飯器, suihanki). Il primo modello automatico di successo, prodotto dalla Toshiba nel 1955, ha cambiato per sempre la vita domestica giapponese. Ha democratizzato la perfezione, permettendo a chiunque di ottenere un riso impeccabile semplicemente premendo un pulsante. Questo elettrodomestico, oggi presente in quasi ogni casa giapponese, ha liberato in particolare le donne da un compito lungo, laborioso e ad alto rischio di errore, diventando un simbolo della modernizzazione e del benessere del dopoguerra.

🔹 Il Riposo e la Perfezione Finale

Una volta che la cottura è terminata, il riso non è ancora pronto. C'è un'ultima, cruciale fase di riposo a fuoco spento che dura circa 10-15 minuti, chiamata 蒸らし (murashi). In questo momento, il vapore residuo si distribuisce uniformemente, completando la cottura e rendendo ogni chicco sodo, lucido (pika pika) e perfettamente separato. Solo dopo il murashi si può finalmente aprire il coperchio e "tagliare" delicatamente il riso con una spatola apposita (shamoji). E per i puristi che usano ancora il donabe, il tesoro più ambito è l'お焦げ (okoge), la deliziosa crosticina dorata e croccante che si forma sul fondo della pentola, un contrasto di texture considerato una vera prelibatezza.

Il Riso nella Storia e nel Mito: Un Dono Divino

Per capire la centralità quasi sacra del riso, dobbiamo viaggiare indietro nel tempo, dove la storia si intreccia inestricabilmente con il mito.

🔹 Le Origini Mitologiche: Un Dono della Dea del Sole

Come abbiamo visto nel nostro post sul Kojiki (古事記), la coltivazione del riso non è un'invenzione umana, ma un dono diretto dei Kami (神). Il mito narra che fu la stessa Dea del Sole, Amaterasu Ōmikami (天照大御神), ad affidare le sacre spighe di riso (稲穂, inaho) a suo nipote, Ninigi-no-Mikoto (瓊瓊杵尊), quando questi discese dal cielo per governare le isole giapponesi.

Questo atto fondativo lega indissolubilmente il riso alla divinità, alla nazione e alla stirpe imperiale. L'Imperatore del Giappone, in quanto discendente diretto di Amaterasu, non è solo un sovrano, ma assume su di sé anche il ruolo di supremo sacerdote shintoista. Il suo compito più importante non è politico, ma rituale: officiare le cerimonie che assicurano un buon raccolto, unendo così il destino spirituale e materiale del paese a quello delle sue risaie.

Questa connessione non è solo simbolica, ma si manifesta in rituali antichissimi che si svolgono ancora oggi. All'interno dei giardini del Palazzo Imperiale di Tōkyō, esiste una piccola risaia sacra (神田, shinden) che l'Imperatore stesso coltiva simbolicamente ogni anno, dalla semina alla mietitura. Il culmine di questo ciclo rituale è il 新嘗祭 (niinamesai), la "Cerimonia dell'Assaggio del Nuovo Riso", che si tiene ogni novembre (ne parleremo tra poco).

🔹 La Rivoluzione Storica: L'Arrivo della Risicoltura nel Periodo Yayoi

Archeologicamente, la coltivazione del riso a sommersione non è autoctona, ma arriva in Giappone dal continente asiatico intorno al 300 a.C., inaugurando un nuovo periodo storico che prende il nome dal luogo dei primi ritrovamenti: il Periodo Yayoi (弥生時代). Questa non fu una semplice innovazione agricola; fu la più grande rivoluzione sociale della storia giapponese.

👉 Dalla Caccia alla Stanzialità: La risicoltura trasformò radicalmente la società, segnando il passaggio dalla cultura semi-nomade di cacciatori-raccoglitori del precedente periodo Jōmon a una società agricola, stanziale e molto più complessa.

👉 La Nascita della Comunità: La coltivazione del riso in campi allagati (tanbo, 田んぼ) è un'impresa che non può essere affrontata individualmente. Richiede una stretta e continua collaborazione tra le famiglie per costruire e mantenere i canali di irrigazione, per gestire l'acqua e per coordinare i tempi della semina e del raccolto. Fu in questo contesto che valori sociali come l'armonia di gruppo (和, wa) e la cooperazione smisero di essere ideali astratti per diventare necessità concrete per la sopravvivenza stessa della comunità. Il villaggio giapponese, come lo conosciamo, nasce qui, attorno alle risaie.

Economia e Politica: Il Riso come Potere

Il riso in Giappone non è mai stato solo cibo. Per secoli, è stato la misura di tutte le cose: la base dell'economia, il fondamento del potere e, a volte, la scintilla della rivolta.

🔹 Il Kokudaka: Il Sistema Feudale Basato sul Riso

Durante il lungo Periodo Edo (1603-1868), l'intera economia e la struttura del potere si basavano su un sistema chiamato 石高 (kokudaka). La ricchezza di un feudo e il potere del suo signore (daimyō, 大名) non erano misurati in oro o in terra, ma in koku (石) di riso, l'unità di misura che corrispondeva a circa 150 kg (la quantità stimata per sfamare una persona per un anno). I samurai non ricevevano uno stipendio in moneta, ma in koku. Questo sistema legava indissolubilmente il potere politico al controllo della produzione agricola e rendeva il riso il bene più prezioso e politicamente sensibile del paese. La funzione economica del riso è magnificamente rappresentata in "I sette samurai" di Akira Kurosawa. I contadini non offrono denaro ai samurai per essere difesi, ma l'unica cosa di vero valore che possiedono: le loro scorte di riso. Il riso non è cibo, ma il simbolo stesso della vita, della dignità e della sopravvivenza del villaggio, la posta in gioco per cui vale la pena combattere e morire.

🔹 Le Rivolte del Riso (Kome Sōdō): Quando il Popolo ha Fame

Questa dipendenza totale dal riso ha portato anche a momenti di grande e violenta tensione sociale. L'esempio più famoso sono le 米騒動 (kome sōdō), le "rivolte del riso" che scossero il Giappone nell'estate del 1918. A causa di una spirale di inflazione post-Prima Guerra Mondiale e della speculazione dei mercanti, il prezzo del riso schizzò alle stelle, rendendolo inaccessibile per gran parte della popolazione. Le proteste, iniziate da un gruppo di mogli di pescatori in un piccolo villaggio, si diffusero a macchia d'olio in tutto il paese, trasformandosi in una rivolta nazionale che durò settimane e che richiese l'intervento dell'esercito per essere sedata. I kome sōdō furono un evento traumatico che segnò la fine di un governo e dimostrò quanto fosse fragile l'equilibrio sociale basato su un singolo bene alimentare.

🔹 Le Politiche del Dopoguerra: Tra Autosufficienza e Calo dei Consumi

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le politiche sul riso cambiarono radicalmente. Le riforme agrarie imposte dall'Occupazione Americana smantellarono il sistema dei grandi proprietari terrieri. Negli anni successivi, il governo promosse politiche per aumentare la produzione e garantire l'autosufficienza alimentare. Il successo fu tale che, unito al cambiamento delle abitudini alimentari (con un crescente consumo di pane e pasta), il Giappone si ritrovò con un surplus di produzione. A partire dagli anni '70, il governo dovette quindi implementare le 減反政策 (gentan seisaku), politiche di "riduzione delle risaie", incentivando i contadini a coltivare altri prodotti.

🔹 Il Riso Oggi: Prodotto Gourmet

Oggi, il consumo pro capite di riso in Giappone è circa la metà di quello degli anni '60. Ma questo non ha diminuito il suo valore culturale. Anzi, si è trasformato in un prodotto gourmet. Sono nate le cultivar e i "brand" di riso (ブランド米, burando-mai). Il termine "cultivar" è l'abbreviazione di "cultivated variety", ovvero "varietà coltivata". Si riferisce a una specifica varietà di una pianta (in questo caso, il riso) che è stata selezionata e propagata dagli esseri umani per le sue caratteristiche desiderabili. Non è una specie diversa, ma una "versione" di quella specie, con un sapore, un aroma, una consistenza e una resa unici. È esattamente lo stesso concetto che usiamo in Occidente per le mele (la cultivar "Granny Smith" è diversa dalla "Fuji") o per l'uva da vino (la cultivar "Sangiovese" è diversa dalla "Merlot").

In Giappone, questo ha portato alla nascita di cultivar di riso famosissime, legate a specifiche regioni famose per la qualità della loro acqua e del loro clima, un po' come i vini con il loro "terroir". Varietà come il コシヒカリ (Koshihikari) proveniente dalla prefettura di Niigata, in particolare dalla zona di Uonuma (魚沼), o lo Yumepirika dell'Hokkaidō, sono considerate delle vere e proprie eccellenze, vendute a prezzi altissimi.

La Filosofia del Pasto: Ichijū Sansai e l’Anima del Washoku

La rilevanza del riso nell'alimentazione giapponese ha dato forma alla struttura stessa del pasto tradizionale giapponese, un modello di equilibrio e nutrizione che è anche una profonda dichiarazione filosofica: l'一汁三菜 (ichijū-sansai).

🔹 La Grammatica della Tavola: "Una Zuppa, Tre Piatti"

Il termine ichijū-sansai significa letteralmente "una zuppa, tre piatti". Ma questa traduzione non rende giustizia alla sua logica. Un pasto giapponese archetipico è composto da cinque elementi fondamentali:

  • ご飯 (gohan): La ciotola di riso bianco, il sovrano indiscusso, il centro del pasto.

  • 汁 (shiru): Una zuppa, solitamente misoshiru (zuppa di miso) o un brodo chiaro (suimono), che serve a umettare il palato.

  • 香の物 (kōnomono): Dei sottaceti (tsukemono), che fungono da "pulisci-palato" e aggiungono una nota di acidità.

  • 三菜 (sansai): I tre contorni: qui sta la genialità del sistema. I tre contorni, chiamati おかず (okazu), non sono primo, secondo e contorno come li intendiamo noi. Sono tre "accompagnamenti" per il riso, bilanciati tra diverse proteine e metodi di cottura per creare un'esperienza completa. Ad esempio, un ichijū-sansai tipico potrebbe includere:

  1. Yakimono (焼き物): Qualcosa di grigliato (es. una fetta di salmone).

  2. Nimono (煮物): Qualcosa di sobbollito (es. verdure e tofu in brodo dashi).

  3. Aemono (和え物): Qualcosa di condito (es. un'insalata di spinaci con sesamo).

Il riso è il sole, e gli okazu sono i pianeti che gli ruotano attorno, ognuno con il suo sapore e la sua consistenza, ma tutti finalizzati a esaltare la purezza del protagonista.

🔹 Washoku (和食): La Cucina Giapponese come Patrimonio UNESCO

Questo modello di pasto è il cuore del 和食 (washoku), "cibo giapponese", un concetto che va ben oltre la semplice cucina. È un insieme di abilità, conoscenze e tradizioni così unico e culturalmente significativo che nel dicembre 2013 è stato iscritto nella lista dei Patrimoni Culturali Immateriali dell'Umanità dell'UNESCO.

Secondo la motivazione ufficiale, il Washoku si basa su quattro pilastri che ne spiegano l'unicità:

👉 Un Profondo Rispetto per la Natura: L'uso di ingredienti freschissimi e una celebrazione quasi religiosa della stagionalità (旬, shun), un concetto che abbiamo già esplorato nel post sul Saijiki.

👉 Un Eccezionale Equilibrio Nutrizionale: La struttura ichijū-sansai è intrinsecamente sana, bilanciata e contribuisce alla longevità del popolo giapponese.

👉 L'Espressione della Bellezza e delle Stagioni: L'importanza fondamentale della presentazione estetica. L'arte di disporre il cibo, il 盛り付け (moritsuke), non è un vezzo, ma una parte essenziale del pasto. Si usano piatti e decorazioni (foglie d'acero in autunno, fiori di ciliegio in primavera) che riflettono la stagione in corso. Questa estetica si basa sui principi di 間 (ma), l'uso dello spazio vuoto nel piatto per esaltare l'ingrediente, e di 侘寂 (wabi-sabi), l'apprezzamento per la bellezza imperfetta e rustica delle ceramiche artigianali.

👉 Un Forte Legame con gli Eventi Sociali: Il cibo è al centro di ogni celebrazione. L'esempio più importante e complesso di questo legame è rappresentato dai piatti rituali del Capodanno, gli 御節料理 (osechi ryōri). Non si tratta di un semplice cenone, ma di un insieme di pietanze cariche di simbolismo e buon auspicio, preparate in anticipo e consumate in famiglia nei primi tre giorni dell'anno nuovo. Lo scopo pratico degli osechi è quello di liberare le donne dal compito di cucinare durante i primi giorni dell'anno, un periodo che dovrebbe essere dedicato al riposo. Per questo motivo, sono tutti piatti che si conservano bene a temperatura ambiente per diversi giorni. Ma il loro vero significato è simbolico. Ogni singolo ingrediente, servito in eleganti scatole laccate a più livelli chiamate 重箱 (jūbako), è un augurio per l'anno a venire, spesso basato su giochi di parole (語呂合わせ, goroawase).

Ecco alcuni esempi classici:

  • 数の子 (kazunoko) - Uova di aringa: Kazu significa "numero" e ko "bambino". Mangiarle è un augurio di fertilità e di una prole numerosa.

  • 黒豆 (kuromame) - Fagioli di soia neri: Mame significa anche "salute" e "diligenza". Sono un augurio per poter lavorare sodo e in salute durante l'anno nuovo.

  • 海老 (ebi) - Gamberi: Con la loro schiena curva, i gamberi ricordano un anziano. Mangiarli è un augurio di lunga vita, fino a che la schiena non si piegherà per l'età.

  • 紅白蒲鉾 (kōhaku kamaboko) - Surimi di pesce rosso e bianco: I colori rosso e bianco sono i colori della festa e del buon auspicio in Giappone (pensiamo alla bandiera nazionale).

  • 栗きんとん (kuri kinton) - Purè di castagne e patate dolci: Con il suo colore dorato, questo piatto, il cui nome significa "lingotto d'oro di castagna", è un augurio di ricchezza e successo economico.

Consumare gli osechi ryōri in famiglia è quindi un atto rituale che unisce il piacere del cibo alla speranza e alla preghiera per il futuro.

Piatti e Forme del Riso: Un Universo di Sapori

La straordinaria versatilità del gohan ha permesso la nascita di un universo di piatti iconici, che spaziano dal pasto veloce e sostanzioso al comfort food più delicato, dal rito festivo allo spuntino popolare.

🔹 La Ciotola Regale: Il Mondo del Donburi

Il 丼 (donburi) è molto più di una semplice ciotola di riso: è un pasto completo, un microcosmo di sapori servito in un unico recipiente. Nato nel Periodo Edo come pasto veloce per gli indaffarati frequentatori dei teatri, oggi è uno dei pilastri della cucina popolare giapponese. L'idea è semplice e geniale: una generosa porzione di riso caldo sormontata da ogni ben di dio. Tra le infinite varianti, le più celebri sono:

  • 牛丼 (gyūdon): sottili fettine di manzo e cipolla sobbollite in un brodo agrodolce. È il "fast food" per eccellenza, reso famoso da catene come Yoshinoya e Sukiya.

  • 親子丼 (oyakodon): Letteralmente la "ciotola di genitore e figlio". Il suo nome è un capolavoro di goroawase (gioco di parole) e di umorismo nero tipicamente giapponese. 親子丼 (oyakodon) significa letteralmente "ciotola di genitore e figlio". Il "genitore" (oya, 親) è il pollo, e il "figlio" (ko, 子) sono le uova. Il nome, quindi, descrive in modo poetico e un po' crudele gli ingredienti principali del piatto. È una storia che si serve in una ciotola.

  • 天丼 (tendon): Una selezione di tempura (gamberi, verdure) croccante e leggera, adagiata sul riso e irrorata da una salsa densa e saporita.

🔹 L'Anima del Rito e della Tradizione

In altre preparazioni, il riso non è una base, ma si fonde con gli altri ingredienti fin dalla cottura.

  • Il 炊き込みご飯 (takikomi-gohan) è il riso delle occasioni speciali, cotto in un brodo dashi insieme a verdure di stagione (funghi, germogli di bambù), pollo o frutti di mare. Ogni ingrediente cede il suo sapore al riso, creando un piatto incredibilmente profumato e complesso.

  • Il 赤飯 (sekihan), o "riso rosso", è il piatto beneaugurante per eccellenza, servito durante le feste e le celebrazioni (nascite, matrimoni, lauree). Il suo colore rosso, simbolo di gioia e scaccia-malocchio, è dato dai fagioli azuki con cui viene cotto il riso glutinoso (mochigome).

🔹 Il Riso che Conforta l'Anima

Quando si ha bisogno di conforto, di calore o di un pasto leggero, il riso si trasforma ancora.

  • Lo 雑炊 (zōsui) è il comfort food anti-spreco. È una zuppa di riso che si prepara alla fine di un pasto a base di nabe (la fonduta giapponese), cuocendo il riso avanzato direttamente nel brodo rimasto, spesso arricchito con un uovo sbattuto.

  • L'お粥 (okayu) è un porridge di riso delicato e digeribile, il pasto tradizionale per chi è malato o convalescente, spesso servito con una prugna salata (umeboshi) o erbe medicinali, come nel caso del 七草粥 (nanakusa-gayu), che si mangia il 7 gennaio per purificare il corpo dopo gli eccessi di Capodanno.

🔹 Le Icone Pop e le Contaminazioni

Infine, ci sono i piatti che hanno reso il riso giapponese un'icona pop globale.

  • L'おにぎり (onigiri) è la polpetta di riso, lo spuntino perfetto, il pranzo al sacco per eccellenza. Non è "sushi", ma semplice riso bianco, spesso con un cuore salato (salmone, tonno, umeboshi) e avvolto da un'alga nori.

  • E poi ci sono le contaminazioni con l'Occidente, i piatti yōshoku (洋食) nati nell'era Meiji: il カレーライス (karē-raisu, riso al curry), diventato uno dei piatti più amati dalle famiglie giapponesi, e l'オムライス (omuraisu), un'omelette soffice ripiena di riso saltato con il ketchup, un capolavoro di comfort food che unisce due mondi.

Appendice: La Ricetta dell’Oyakodon

Vuoi provare a portare un pezzo di Giappone a casa tua? L'Oyakodon (親子丼) è il piatto perfetto: veloce, delizioso e pieno di storia. La sua nascita è legata a un luogo e a un'intuizione precisa. Siamo a Tōkyō, nel 1891, nel ristorante di specialità di pollo Tamahide (玉ひで), ancora oggi esistente e famosissimo. La leggenda narra che un cliente, finendo il suo nabe (stufato) di pollo, versò l'uovo sbattuto avanzato sul suo riso per finire il pasto. La moglie del proprietario del ristorante, vedendo la scena, ebbe un'illuminazione: perché non trasformare questo gesto estemporaneo in un piatto a sé stante? Nacque così l'oyakodon... ed eccone una ricetta semplificata.

Ingredienti per una persona:

  • 1 porzione di riso giapponese cotto, caldo

  • 100g di coscia di pollo, senza pelle e tagliata a pezzetti

  • ¼ di cipolla, affettata sottilmente

  • 1-2 uova, leggermente sbattute

  • Per il brodo: 80ml di dashi, 1 cucchiaio di salsa di soia, 1 cucchiaio di mirin, 1 cucchiaino di zucchero

Procedimento:

  1. In una piccola padella, unisci gli ingredienti del brodo (dashi, soia, mirin, zucchero) e la cipolla. Porta a ebollizione a fuoco medio.

  2. Aggiungi i pezzetti di pollo e cuoci per circa 5-7 minuti, finché non sono cotti.

  3. Versa delicatamente le uova sbattute sul pollo e sulla cipolla, cercando di distribuirle uniformemente.

  4. Copri con un coperchio e cuoci a fuoco basso per 1-2 minuti, finché l'uovo non è cotto ma ancora leggermente morbido e cremoso (hanjuku).

  5. Mentre cuoce, metti il riso caldo in una ciotola capiente (donburi).

  6. Con delicatezza, fai scivolare l'intera "frittata" di pollo e uova dalla padella sopra il riso. Servi subito, guarnendo a piacere con un po' di erba cipollina tritata. Itadakimasu!

Riti, simboli e materiali: L’universo del Riso

La pervasività del riso nella cultura giapponese va ben oltre il piatto. Ogni sua parte, dal chicco alla paglia, è intrisa di un profondo significato simbolico e rituale.

🔹 Il Riso come Rito Imperiale e Offerta agli Dei

Il legame tra il riso e il divino è celebrato nei principali riti shintoisti.

👉 Il 新嘗祭 (Niinamesai): È la "Cerimonia dell'Assaggio del Nuovo Riso", il più importante rito imperiale che si tiene ogni novembre. In questa occasione, l'Imperatore offre ai kami il primo riso del nuovo raccolto e poi lo consuma lui stesso, in un atto di comunione che rinnova il patto tra gli dei e la nazione. Quando la cerimonia viene celebrata per la prima volta da un nuovo Imperatore dopo la sua ascesa al trono, prende il nome ancora più solenne di 大嘗祭 (daijōsai).

🔹 Il Mochi: Simbolo di Purezza e Festa

Il riso glutinoso (餅米, mochigome) viene pestato in un grande mortaio (臼, usu) con un martello di legno (杵, kine) durante una cerimonia festosa e comunitaria chiamata 餅つき (mochi-tsuki). Il mochi (餅) che se ne ricava, una pasta bianca, liscia e pura, è il cibo delle feste per eccellenza.

👉 Il 鏡餅 (kagami-mochi): L'esempio più famoso è il "mochi a specchio", l'offerta rituale di Capodanno. È composto da due mochi rotondi e sovrapposti (a simboleggiare l'anno vecchio e quello nuovo, o il sole e la luna) e sormontato da un'arancia amara (橙, daidai). Viene esposto sull'altare domestico per accogliere il kami del nuovo anno.

🔹 La Paglia: L'Umile Fibra del Sacro e del Quotidiano

Niente della pianta del riso viene sprecato. La paglia secca (藁, wara) è un materiale fondamentale.

  • Viene intrecciata per creare le 注連縄 (shimenawa), le spesse corde sacre che delimitano gli spazi puri nei santuari shintoisti, spesso appese ai torii o attorno agli alberi sacri (神木, shinboku).

  • È il materiale con cui, tradizionalmente, si produce l'anima interna dei tatami (畳) e si costruivano i tetti delle case di campagna.

  • Veniva usata per creare sandali (草鞋, waraji), mantelli da pioggia (蓑, mino) e innumerevoli altri oggetti di uso quotidiano.

🔹 La Crusca (Nuka) e il Sakè (Nihonshu): I Derivati Nobili

Anche gli "scarti" della lavorazione del riso vengono nobilitati.

  • La crusca (糠, nuka), lo strato esterno rimosso per ottenere il riso bianco, non viene buttata, ma usata per creare il 糠漬け (nukazuke), un letto di fermentazione in cui si preparano deliziosi sottaceti.

  • E ovviamente, dal riso, grazie alla magia della muffa 麹 (kōji), nasce il 日本酒 (nihonshu), il sakè, la bevanda sacra per eccellenza.

Fonti e prospettive critiche

La centralità del riso come fondamento dell'identità giapponese è un tema esplorato a fondo da molti studiosi.

🔹 Le Fonti Antropologiche:

👉 L'antropologa Emiko Ohnuki-Tierney, nel suo saggio fondamentale "Rice as Self: Japanese Identities Through Time", spiega come il riso sia stato usato storicamente per definire l'identità giapponese in contrapposizione agli "altri". Scrive:

"Per secoli, l'immagine predominante dell'«altro» per i giapponesi è stata quella di popoli che non coltivavano il riso e che quindi non ne apprezzavano il sapore".

Mangiare riso (白米, hakumai, riso bianco) non era solo una scelta alimentare, ma un'affermazione di appartenenza culturale e persino di superiorità.

👉 La stessa UNESCO, nella motivazione dell'iscrizione del washoku, sottolinea che non si tratta solo di un insieme di ricette, ma di "una pratica sociale basata su un set di abilità, conoscenze, pratiche e tradizioni [...] che rafforza la coesione sociale tra il popolo giapponese".

🔹 Il Riso al Cinema:

  • 🎥 "La terra" (土, Tsuchi, 1910) di Takashi Nagatsuka: Considerato uno dei primi capolavori del naturalismo giapponese, questo romanzo racconta con un realismo quasi documentaristico la vita incredibilmente dura di una famiglia di contadini poveri nel periodo Meiji. La loro intera esistenza, le loro speranze e le loro disperazioni ruotano attorno al ciclo del lavoro nei campi e alla lotta per la sopravvivenza, mostrando il legame viscerale e a volte crudele tra l'uomo e la terra del riso.

  • 🎥 "Il sapore del riso al tè verde" (お茶漬けの味, Ochazuke no Aji, 1952) di Yasujirō Ozu: In questo magnifico film, il semplice piatto dell'ochazuke (お茶漬け, riso con tè caldo versato sopra) diventa il simbolo di una riconciliazione. Una coppia sposata in crisi, proveniente da classi sociali diverse, riscopre la propria intimità e il proprio legame proprio condividendo questo pasto umile e confortante nel cuore della notte. Ozu usa il cibo più semplice per raccontare le emozioni più complesse.

conclusione

Il gohan, come abbiamo visto, è molto più di un cereale. È il simbolo di una civiltà, il cuore di una filosofia culinaria (washoku) basata su equilibrio, stagionalità, bellezza e rispetto. È la tela bianca su cui si dipingono tutti gli altri sapori.

Abbiamo stabilito che il riso è il re indiscusso della tavola. Ma quali sono i suoi "ministri" e "cavalieri" più importanti? Storicamente, il compagno d'elezione del riso è sempre stato il pesce. Ma l'arrivo relativamente recente della carne ha segnato una rivoluzione culturale. Nel prossimo articolo proverò a esplorare il complesso rapporto tra i giapponesi, il mare e la controversa modernizzazione della loro dieta.


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