古事記 Kojiki: Le Origini Mistiche del Giappone

Un'illustrazione epica e suggestiva in stile pittura tradizionale giapponese (yamato-e). La scena raffigura il momento climatico del mito del Kojiki: la dea del sole Amaterasu Ōmikami che emerge dalla caverna celeste (Ama-no-Iwato).

Il nostro percorso tra le parole chiave del Giappone ci ha fatto incontrare molti aspetti della moderna vita "mentale" dei giapponesi, della loro cultura e (particolarmente) della loro società e relazioni. Oggi, il viaggio ci porta un po' più lontano, e in apparenza potrebbe sembrare che il salto sia abbastanza azzardato... ma forse non lo è poi così tanto. Per comprendere il Giappone, una delle prospettive migliori essere proprio partire dall'inizio. Ma in questo caso non l'inizio "storico", fatto di date e reperti, bensì quello mitico, il racconto di un'alba nebbiosa popolata da divinità, mostri e spiriti. E per farlo, esiste un solo punto di partenza obbligato: il 古事記 (Kojiki), le "Cronache di Antichi Eventi".

Potrebbe sembrarci una semplice raccolta di favole, e da un lato lo è, ma c'è molto di più: è il DNA letterario, politico e spirituale del Giappone. È il testo che per primo ha messo per iscritto il mito della creazione, che ha dato un nome e una storia ai kami () dello Shintoismo e che ha forgiato la legittimazione divina della più antica dinastia imperiale del mondo. Partiamo quindi per un viaggio alle origini, cercando di comprendere cosa può insegnarci sul Giappone di oggi.

La nascita del testo: un'opera dal cuore politico

Il Kojiki, completato ufficialmente nel 712 d.C., non nacque come un'opera puramente letteraria o religiosa. Fu, prima di ogni altra cosa, un astutissimo atto politico.

Siamo nel periodo Nara, un momento cruciale in cui il clan Yamato stava consolidando il suo potere, creando uno stato centralizzato sul modello cinese. Per farlo, aveva bisogno di una "storia ufficiale" che legittimasse il suo dominio assoluto. Fu l'Imperatore Tenmu, nel VII secolo, a ordinare la compilazione di una cronaca definitiva, lamentando che le storie e le genealogie tramandate a corte fossero piene di errori e "falsehoods". Voleva una versione unica, inattaccabile.

Il compito fu portato a termine sotto l'Imperatrice Genmei. La tradizione attribuisce la creazione del testo a due figure chiave: Hieda no Are (稗田 阿礼), un cortigiano (o una cortigiana, il sesso è incerto) dalla memoria prodigiosa che recitò a memoria tutte le antiche genealogie e i miti, e Ō no Yasumaro (太 安万侶), lo scriba e studioso che ascoltò, trascrisse e organizzò questo immenso materiale orale.

Lo scopo era chiarissimo: creare un mito fondativo che provasse, una volta per tutte, il diritto divino a governare della dinastia imperiale, tracciando una linea di discendenza diretta e ininterrotta dal primo imperatore umano, Jinmu, fino alla divinità più importante del pantheon: la Dea del Sole, Amaterasu Ōmikami (天照大御神).

Il cuore del racconto: dal caos agli Imperatori

Il Kojiki è diviso in tre volumi che narrano la discesa dal divino all'umano.

Volume 1 (L'Età degli Dei): è la parte più famosa, la sezione mitologica. Racconta la nascita del Cielo e della Terra dal caos primordiale, e l'emergere delle prime generazioni di kami. I protagonisti sono la coppia divina Izanagi (伊邪那岐) e Izanami (伊邪那美), che con una lancia ingioiellata mescolano l'oceano primordiale e creano le isole del Giappone. La loro storia prosegue con la tragica discesa di Izanami nel regno dei morti (黄泉の国, Yomi no Kuni) e la nascita, dalla purificazione di Izanagi, delle tre divinità più importanti: la dea del sole Amaterasu, il dio della luna Tsukuyomi e il dio delle tempeste Susanoo.
Volume 2 e 3 (L'Età degli Eroi e degli Uomini): qui il mito sfuma lentamente nella "storia". Si narra la discesa sulla terra del nipote di Amaterasu, Ninigi-no-Mikoto, per governare il Giappone. Suo pronipote sarà Jinmu (神武天皇), il primo, leggendario Imperatore.

È fondamentale notare come i kami (神) descritti nel Kojiki non siano divinità astratte, onnipotenti e perfette come quelle di altre tradizioni. Al contrario, sono incredibilmente "umani": litigano furiosamente (come Amaterasu e suo fratello Susanoo), si ingelosiscono, provano dolore (la disperazione di Izanagi per la perdita di Izanami), sono scaltri e talvolta persino un po' buffi. L'episodio di Amaterasu che si chiude nella grotta, ad esempio, viene risolto non con un atto di guerra, ma con uno stratagemma: gli altri dei organizzano una festa, la dea Ame-no-Uzume si esibisce in una danza comica e sensuale che scatena le risate di tutti, e Amaterasu, incuriosita, esce per vedere cosa stia succedendo. Questo consesso degli dei, questo "brainstorming" divino per risolvere un problema, è una scena profondamente "giapponese", una sorta di prototipo celeste delle infinite riunioni (打ち合わせ, uchi-awase) che ancora oggi caratterizzano la vita sociale e lavorativa del paese! 😜

La lingua del Kojiki: la nascita del giapponese scritto

Oltre al suo contenuto, il Kojiki è un monumento linguistico. All'epoca, il Giappone aveva una lingua parlata ricca e complessa, ma nessun sistema di scrittura. Per scrivere, si dovettero prendere in prestito i caratteri cinesi (kanji). Il problema? Il cinese e il giapponese sono lingue completamente diverse. L'innovazione geniale del Kojiki fu quella di usare i kanji non solo per il loro significato, ma anche foneticamente (una tecnica nota come man'yōgana) per trascrivere i suoni delle parole puramente giapponesi, come i nomi propri e le poesie. Fu uno dei primi, giganteschi passi che portarono, nei secoli successivi, alla nascita dei sillabari kana (hiragana e katakana).

L'Eredità del Kojiki: cosa ci insegna oggi

Valore religioso: il Kojiki rappresenta il "testo sacro" dello Shintoismo (神道). Non è un libro di dogmi come la Bibbia o il Corano, ma una raccolta di miti che introduce il pantheon dei kami, la sacralità della natura e i valori di purezza (kiyome) e contaminazione (legare).
Valore politico e storico: Per secoli, è stato il fondamento ideologico del sistema imperiale e del nazionalismo giapponese.
Valore letterario: è il primo grande capolavoro della letteratura giapponese, un'inesauribile fonte di ispirazione per il teatro Nō, per scrittori come Mishima, e per innumerevoli manga, anime e videogiochi.

Paralleli con l'Occidente: Miti a confronto

Sebbene il Kojiki sia un'opera unica, le sue storie riecheggiano archetipi universali che troviamo anche nei grandi miti del mondo occidentale.

La Teogonia di Esiodo: proprio come il poema di Esiodo racconta la nascita degli dei greci dal Caos e stabilisce le genealogie divine, così il primo volume del Kojiki organizza il pantheon shintoista, narrando l'origine del cosmo e le relazioni tra i kami. Entrambi sono testi cosmogonici fondamentali per le rispettive culture.
L'Eneide di Virgilio: questo è il parallelo più forte dal punto di vista politico. Entrambe sono epopee nazionali scritte (o commissionate) per un fine preciso: legittimare una dinastia regnante (la gens Iulia a Roma, il clan Yamato in Giappone) creando una linea di discendenza diretta che affonda le sue radici nel divino (Venere per Enea, Amaterasu per l'Imperatore Jinmu).
Il mito di Orfeo ed Euridice: la struggente discesa di Izanagi nel regno dei morti (Yomi) per tentare di recuperare la sua amata Izanami ricorda da vicino il mito di Orfeo. In entrambe le storie, un protagonista maschile si avventura nell'oltretomba per amore, gli viene imposta una condizione (per Orfeo "non voltarti", per Izanagi "non guardare prima di uscire"), la infrange e perde per sempre la sua sposa, segnando la separazione definitiva tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Fonti e prospettive critiche

Il Kojiki fu quasi dimenticato per secoli, messo in ombra dal più "storico" e scritto in cinese Nihon Shoki. Fu riscoperto nel XVIII secolo dal grande filologo Motoori Norinaga (本居 宣長). Attraverso il suo monumentale studio, il Kojiki-den ("Commentario al Kojiki"), Norinaga lo celebrò come la fonte più pura del vero "spirito giapponese" (大和魂, yamato-damashii), non contaminato dalle influenze straniere (cinesi, buddiste, confuciane).

Grandi studiosi occidentali (primo tra tutti il grande Donald Keene, nel suo capolavoro "Seeds in the Heart") lo hanno analizzato per il suo immenso valore letterario, non come un libro di storia, ma come la testimonianza potente e poetica della visione del mondo e dell'immaginario del Giappone antico.

Conclusione

Il Kojiki è un testo poliedrico: un atto politico, un poema epico, un testo sacro e un monumento linguistico. È il punto di origine, il "big bang" da cui gran parte della cultura giapponese si è espansa.

Ci ha aperto le porte del pantheon giapponese e ci ha presentato i suoi divini protagonisti. Ma chi sono davvero i Kami? Come agiscono nel mondo di oggi, fuori dalle pagine di questo testo antico? Molto presto lasceremo il mito per entrare nei santuari e nella vita quotidiana del Giappone odierno...

E tu cosa ne pensi? Conoscevi l'origine politica del Kojiki? Quale dei suoi miti ti affascina di più?


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