物の哀れ Mono no Aware: La Gentile Tristezza per la Bellezza che Svanisce
Oggi inauguriamo un nuovo viaggio nel cuore della cultura giapponese: una sorta di "Trilogia dell'Estetica", alla scoperta dei principi che definiscono il senso del bello in Giappone. Partiamo dal concetto più poetico, famoso ed emotivamente potente: il 物の哀れ (mono no aware).
Malgrado i frequenti fraintendimenti, non è semplice tristezza, né nostalgia. È un sentimento più complesso e agrodolce, una profonda commozione che nasce dalla consapevolezza che tutte le cose belle del mondo – un fiore, la giovinezza, un amore, la vita stessa – sono, per loro natura, effimere. È l'arte squisitamente giapponese di apprezzare la bellezza non malgrado la sua fragilità, ma proprio perché è destinata a svanire.
L'analisi della parola: la commossa sensibilità verso le cose
La parola stessa è una poesia:
・物 (mono): significa "cosa", "oggetto", ma in senso esteso include anche i "fenomeni" naturali e le esperienze umane.
・哀れ (aware): è un termine che ha avuto una lunga evoluzione. In origine era un'esclamazione di sorpresa e commozione ("Ah!"), trasformatasi poi per indicare il "pathos", un sentimento profondo, una sensibilità acuta, fino ad arrivare al suo significato più noto di gentile malinconia.
La traduzione più comune, "il pathos delle cose", cattura bene questa idea: è la profonda commozione che si prova sintonizzandosi con l'anima effimera delle cose.
Il cuore del "Mono no Aware"
Ma cosa significa veramente "provare Mono no Aware"? È un'emozione estetica che ci connette alla verità fondamentale dell'esistenza. La sua radice filosofica è il concetto buddista di 無常 (mujō), l'impermanenza. Tutto scorre, tutto è transitorio. Un'idea che trova un'eco sorprendente nella filosofia greca, nel "pánta rheî" (πάντα ῥεῖ) di Eraclito. Il Mono no Aware è la risposta emotiva a questa verità universale: non la disperazione per la caducità, ma una commossa partecipazione alla vita proprio in virtù della sua finitezza.
Questa sensibilità non si manifesta solo di fronte ai fiori di ciliegio (桜, sakura) che cadono, l'esempio supremo di questa estetica. Si prova Mono no Aware osservando il colore del cielo alla fine di una giornata estiva, ascoltando il canto solitario di una cicala, ripensando a un amore passato, o notando la bellezza di una relazione che cambia, come quella tra un genitore e un figlio che cresce.
Anche in Occidente troviamo una sensibilità simile, in particolare nel Romanticismo europeo. Poeti come John Keats o Giacomo Leopardi hanno esplorato la malinconia, il legame tra bellezza e mortalità e la contemplazione della natura come specchio dell'animo. Tuttavia, nel Mono no Aware c'è una nota di accettazione serena, meno tormentata e più contemplativa.
È cruciale, infine, distinguerlo dal Wabi-Sabi. Il Wabi-Sabi è un ideale estetico che trova la bellezza nell'imperfezione e nei segni del tempo di un oggetto (una tazza di ceramica grezza). Il Mono no Aware è una risposta emotiva alla transitorietà di un momento o di un fenomeno. Il primo è più intellettuale, il secondo più sentimentale.
Il Genji Monogatari: il testo archetipico del "Mono no Aware"
Per capire fino in fondo il Mono no Aware, c'è un testo a cui dobbiamo necessariamente tornare: il 源氏物語 (Genji Monogatari), la "Storia di Genji", scritto nell'XI secolo dalla dama di corte Murasaki Shikibu. Fu proprio analizzando questo capolavoro che lo studioso del XVIII secolo Motoori Norinaga (本居 宣長) "codificò" il concetto di Mono no Aware, identificandolo come il cuore pulsante e il supremo valore estetico non solo del romanzo, ma di tutta la letteratura giapponese. Ma perché il Genji ne è l'incarnazione perfetta?
👉 Per il flusso inesorabile del tempo: il romanzo copre quasi 75 anni. Vediamo il protagonista, il "Principe Splendente" Genji, nascere, raggiungere l'apice della sua bellezza e del suo potere, e poi inevitabilmente invecchiare, soffrire e declinare, fino a scomparire dalla narrazione. Questa scala epica rende l'impermanenza (mujō) non un tema, ma il tessuto stesso della storia.
👉 Per la bellezza effimera dell'amore: la vita di Genji è un'incessante ricerca di un ideale d'amore irraggiungibile. Le sue innumerevoli relazioni sono tutte segnate dalla separazione, dalla perdita o dalla malinconica consapevolezza che i sentimenti, come le stagioni, cambiano e svaniscono. Ogni incontro, per quanto bello, porta con sé il seme della sua fine.
👉 Per la natura come specchio dell'anima: Murasaki Shikibu usa costantemente le immagini della natura per riflettere i sentimenti dei personaggi. La luna velata dalle nuvole rispecchia la malinconia di un amante, il canto di un grillo in autunno evoca la solitudine, e la caduta dei fiori di ciliegio diventa la metafora stessa della vita di un personaggio. La natura non è uno sfondo, ma un "coro" che canta il Mono no Aware.
Echi del "Mono no Aware" nell'arte giapponese
Una volta identificato e portato alla luce nel Genji, questo sentimento è diventato una lente attraverso cui leggere gran parte dell'arte giapponese successiva, fino ai giorni nostri.
🔹 Letteratura
Lo ritroviamo nell'opera del premio Nobel Yasunari Kawabata, i cui romanzi come "Bellezza e tristezza" (美しさと哀しみと, Utsukushisa to kanashimi to, 1965) sono intrisi di questa malinconica contemplazione della bellezza che sfiorisce. E lo percepiamo nel saggio "Libro d'ombra" (陰翳礼讃, In'ei Raisan, 1933) di Jun'ichirō Tanizaki, che celebra la bellezza che si rivela solo nella sua fragile interazione con il tempo.
🔹 Cinema e animazione
Il cinema di Yasujirō Ozu è una lezione magistrale di Mono no Aware, con la sua struggente accettazione dei cambiamenti familiari in film come "Viaggio a Tōkyō" (東京物語, Tōkyō monogatari, 1953). Il regista Isao Takahata ha esplorato questo sentimento in capolavori come "Pioggia di ricordi" (おもひでぽろぽろ, Omohide Poro Poro, 1991), una struggente meditazione sulla nostalgia. E in tempi più recenti, Makoto Shinkai ha reso il Mono no Aware il protagonista assoluto di opere come "5 centimetri al secondo" (秒速5センチメートル, Byōsoku go senchimētoru, 2007), un racconto sulla malinconia della distanza e del tempo che erodono un amore giovanile.
Conclusione
Il Mono no Aware è un invito a guardare il mondo con occhi diversi. A trovare la bellezza non nonostante la sua fragilità, ma grazie ad essa. È una forma di gratitudine per l'intensità di un momento, resa ancora più preziosa dalla consapevolezza che è irripetibile.
Se Mono no Aware è la bellezza che contempliamo apertamente nel suo svanire, c'è un'altra estetica, ancora più profonda e misteriosa, che celebra la bellezza di ciò che non possiamo vedere affatto. Nel prossimo articolo, proveremo ad addentrarci nelle ombre e nel non detto per esplorare l'inafferrabile concetto di Yūgen.
E voi cosa ne pensate? Quale opera d'arte o esperienza personale vi ha fatto provare una sensazione simile al Mono no Aware?
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