いただきます Itadakimasu: La Filosofia del Cibo e il Galateo della Tavola Giapponese
Siamo giunti al capitolo finale della nostra "trilogia sul cibo": abbiamo esplorato l'anima del riso (Gohan) e il dualismo tra pesce e carne (Niku to Sakana). Ora è il momento di compiere il gesto più importante: sederci a tavola. In Giappone, prima che le bacchette sfiorino il cibo, prima che il pasto abbia inizio, c'è un momento di sospensione, un piccolo rito suggellato da una parola che ogni appassionato di questo paese conosce: いただきます, "itadakimasu".
Spesso tradotta sbrigativamente come "buon appetito", questa espressione è in realtà qualcosa di molto più profondo. Non è un augurio scambiato tra commensali, ma una dichiarazione personale e spirituale di gratitudine, rivolta al pasto stesso e a tutto l'universo che ha cospirato per portarlo su quella tavola.
La parola: "L'atto di ricevere umilmente"
Per capire la profondità di Itadakimasu, dobbiamo fare un viaggio nella sua etimologia e nella sua storia. La parola いただきます (itadakimasu) è la forma cortese del verbo 頂く (itadaku). Oggi questo verbo è la forma umile (kenjōgo, 謙譲語) di "mangiare" (taberu) e "ricevere" (morau), ma il suo significato originale era molto più fisico e concreto.
🔹 Le Origini: Ricevere con la Testa
Il kanji 頂 significa "cima", "sommità" (come la cima di una montagna). Anticamente, il verbo itadaku significava letteralmente "mettere qualcosa sulla propria testa" o "ricevere qualcosa tenendolo in alto sopra la propria testa". Questo gesto era un segno di profondo rispetto e gratitudine, riservato a quando si riceveva un dono da una persona di status molto superiore, come un nobile, o, in senso spirituale, da una divinità. L'atto di elevare l'oggetto era un modo per onorarlo. Da questo significato fisico, itadaku ha assunto il significato metaforico di "ricevere umilmente".
🔹 La Doppia Radice: Gratitudine Buddhista e Shintoista
La filosofia che anima Itadakimasu è un magnifico esempio del sincretismo giapponese, in cui si fondono le due grandi anime spirituali del paese.
👉 Matrice Buddhista: Il Buddhismo insegna il rispetto per ogni forma di vita. Quando si mangia, si sta letteralmente "ricevendo la vita" (命を頂く, inochi o itadaku) di piante e animali che si sono sacrificati per il nostro nutrimento. Itadakimasu è un riconoscimento di questo sacrificio. Inoltre, riconosciamo l'interdipendenza: la consapevolezza che il nostro pasto non è apparso magicamente, ma è il risultato finale di una lunga e invisibile catena di fatica e interconnessione. Si riceve il lavoro dell'agricoltore, del pescatore, di chi ha trasportato il cibo, di chi lo ha cucinato. Itadakimasu è un ringraziamento a tutto questo ecosistema, umano e naturale.
👉 Matrice Shintoista: Ci insegna la gratitudine per i "doni dei kami" (神の恵み, kami no megumi). In quest'ottica, Itadakimasu non è solo un ringraziamento per il sacrificio, ma anche un atto di riverenza verso le forze della natura (il sole, la pioggia, la terra) che hanno permesso al cibo di crescere. È un ringraziamento sia per la vita che finisce per nutrirci, sia per la vita che continua attraverso il ciclo della natura.
🔹 Il Gesto che Accompagna la Parola: Gasshō (合掌)
L'espressione Itadakimasu è quasi sempre accompagnata dal gesto del 合掌 (gasshō), le mani giunte davanti al petto o al viso. Questo gesto, comune in molte culture asiatiche e con radici nel Buddhismo, non è una formalità. È un simbolo potentissimo: rappresenta l'unità e l'armonia, l'unione di due mondi (il sacro e il profano, il sé e l'altro) in un unico atto di equilibrio e riverenza. È un segno di profondo rispetto rivolto non a una persona, ma al cibo stesso e a tutte le forze che lo hanno generato.
🔹 Un Parallelo Occidentale: Itadakimasu vs. "Rendere Grazie"
Per un lettore occidentale, il parallelo più vicino potrebbe sembrare la preghiera cristiana del "rendere grazie" prima dei pasti. Ci sono somiglianze, ma anche una differenza fondamentale che svela due visioni del mondo.
👉 la somiglianza: entrambi sono un momento di pausa e consapevolezza, un rito che eleva il mangiare da un semplice atto di consumo a un momento di gratitudine.
👉 la differenza: mentre la preghiera cristiana è tipicamente un ringraziamento rivolto a un Dio creatore, trascendente e al di fuori del mondo, Itadakimasu è un ringraziamento immanente. La gratitudine è rivolta orizzontalmente all'intero ecosistema – le piante, gli animali, gli agricoltori, i cuochi – di cui ci si sente parte integrante.
🔹 La Nascita di un'Abitudine
Sorprendentemente, l'usanza di dire Itadakimasu con le mani giunte (合掌, gasshō) prima di ogni pasto non è una tradizione millenaria. Sebbene il concetto spirituale sia antico, la pratica si è diffusa e standardizzata in tutto il Giappone solo in tempi relativamente moderni, tra la fine dell'era Meiji e l'inizio dell'era Shōwa (primi decenni del XX secolo). Fu in particolare la setta buddhista Jōdo Shinshū (浄土真宗) a promuovere questa abitudine, che fu poi cementata a livello nazionale attraverso il sistema di educazione scolastica, che la insegnò a generazioni di bambini come parte delle "buone maniere".
In sintesi, quando un giapponese dice Itadakimasu, sta compiendo un atto che è al tempo stesso un residuo di un antico gesto di riverenza, una preghiera laica di matrice buddhista e una regola di buona educazione. Sta dicendo: "Io umilmente ricevo queste vite e questa fatica, e ne sono grato".
Dal rito alla pratica: Il galateo della tavola
Questa filosofia di gratitudine si traduce in un codice di comportamento a tavola (食事のマナー, shokuji no manā) preciso e ricco di significato, dove ogni gesto è un atto di rispetto verso il cibo e verso gli altri.
🔹 Le Bacchette (箸, hashi): Un'Estensione Sacra della Mano
In Giappone, le bacchette sono molto più di un semplice utensile. Sono considerate un'estensione quasi sacra delle proprie mani (手, te) e, per estensione, della propria persona. Per questo, il loro uso è governato da un'etichetta complessa, e le infrazioni, note collettivamente come 嫌い箸 (kirai-bashi), "bacchette detestabili", non sono solo segni di maleducazione, ma veri e propri atti di insensibilità. Vediamo le più importanti.
👉 I Tabù Legati ai Riti Funebri (i più gravi):
Due gesti, in particolare, sono considerati tabù assoluti perché replicano rituali legati alla morte.
立て箸 (tate-bashi) - Non piantare mai le bacchette verticalmente nel riso. Questo è l'errore più grave che si possa commettere. Quando una persona cara muore, la famiglia prepara una ciotola di riso con le bacchette disposte esattamente in questo modo come offerta sull'altare funebre (仏壇, butsudan). Ripetere questo gesto a tavola è un presagio di morte, un atto incredibilmente irrispettoso e quasi sinistro.
拾い箸 (hiroi-bashi) o 移し箸 (utsushi-bashi) - Non passarsi mai il cibo da bacchette a bacchette. Questo è un altro tabù potentissimo, legato direttamente al rito funebre. Dopo la cremazione, i familiari raccolgono le ossa del defunto con delle bacchette speciali per deporle nell'urna, passandosele l'un l'altro. Replicare questo gesto a tavola è quindi un richiamo diretto e macabro a un momento di lutto. Se si vuole condividere del cibo, lo si prende dal proprio piatto e lo si depone su un piattino che verrà poi passato all'altra persona.
👉 I Gesti di Scarsa Eleganza e Rispetto:
Altre infrazioni, pur non essendo così gravi, sono considerate segno di cattiva educazione e di un'attitudine irrispettosa verso il cibo e chi lo ha preparato.
刺し箸 (sashi-bashi) - Non infilzare il cibo. Le bacchette non sono una forchetta. Infilzare il cibo è visto come un gesto aggressivo, quasi violento, e infantile.
迷い箸 (mayoi-bashi) - Le "bacchette esitanti". È l'atto di vagare con le bacchette sopra i vari piatti, senza decidersi su cosa prendere. È considerato un segno di avidità e indecisione.
探り箸 (saguri-bashi) - Le "bacchette che cercano". È il gesto di "rovistare" in una ciotola comune o nel proprio piatto per cercare un ingrediente specifico. È considerato maleducato e irrispettoso verso l'equilibrio della composizione del piatto.
寄せ箸 (yose-bashi) - Non tirare a sé le ciotole con le bacchette. I piatti vanno spostati con le mani. Usare le bacchette come un rampino è visto come un gesto pigro e sciatto.
涙箸 (namida-bashi) - Le "bacchette che piangono". Lasciar gocciolare brodo o salsa dalle punte delle bacchette sul tavolo o su altri piatti. È un segno di scarsa cura e controllo.
渡し箸 (watashi-bashi) - Le "bacchette a ponte". Appoggiare le bacchette di traverso sopra la ciotola durante una pausa. È un gesto da evitare; per questo esiste il 箸置き (hashioki), l'apposito poggia-bacchette.
ねぶり箸 (neburi-bashi) - Le "bacchette leccate". Leccare le punte delle bacchette, anche se c'è rimasto del cibo attaccato. È considerato un gesto infantile e inelegante.
振り箸 (furi-bashi) - Le "bacchette sventolate". Usare le bacchette per gesticolare, agitarle o, peggio ancora, indicare persone o cibi. È irrispettoso quanto puntare il dito.
🔹 Il Ramen e le Zuppe: Un'Eccezione Rumorosa
Risucchiare rumorosamente i noodles (啜る, susuru) non solo è permesso, ma è considerato un segno di grande apprezzamento. Serve anche a raffreddare i noodles bollenti e ad amalgamare meglio il sapore con l'aria. Ma c'è un'altra regola fondamentale, che si applica a quasi tutte le ciotole servite in un pasto giapponese. La buona norma è riassunta dal detto 椀は手に持つ (wan wa te ni motsu), "la ciotola si tiene in mano". Le ciotole di zuppa, e in particolare la ciotola del riso (飯椀, meshiwan o 茶碗, chawan), non vengono lasciate sul tavolo. Si sollevano con una mano e si avvicinano alla bocca per mangiare, un gesto che mostra cura e rispetto per il cibo. Lasciare la ciotola sul tavolo e chinarsi su di essa per mangiare è considerato inelegante, un comportamento quasi "canino" (犬食い, inugui).
🔹 La Soia (醤油, shōyu): Un Tocco, non un Bagno
Quando si mangia il sushi, l'uso della salsa di soia è un'arte sottile. La regola di base è quella di intingere leggermente nella soia la parte del pesce (種, neta), non quella del riso (shari, シャリ). Inzuppare il riso è considerato poco raffinato, ne copre il sapore e rischia di farlo sfaldare nella ciotolina. Ma nei ristoranti di sushi tradizionali di alto livello (寿司屋, sushiya), l'etichetta diventa ancora più precisa.
👉 Non Creare la "Piscina di Wasabi": L'abitudine comune di sciogliere il wasabi (わさび) nella ciotolina della salsa di soia per creare il cosiddetto さび醤油 (sabi-jōyu) è considerata un gesto da principianti. Un vero itamae (板前), il maestro di sushi, ha già bilanciato il suo nigiri mettendo la quantità perfetta di wasabi tra il riso e il pesce. Alterare quell'equilibrio mescolando tutto nella soia è visto come una mancanza di fiducia nel suo lavoro.
👉 Attenzione al Nikiri: Molto spesso, nei ristoranti di alto livello, il sushi viene servito già "condito". Il maestro spennella sul pesce, un attimo prima di servirlo, una sua salsa speciale chiamata 煮切り (nikiri). Il nikiri è una riduzione di salsa di soia, sakè e mirin, già perfettamente bilanciata per esaltare il sapore di quello specifico tipo di pesce. In questo caso, intingere il sushi nella salsa di soia è un errore gravissimo: sarebbe come aggiungere il sale a un piatto preparato da uno chef stellato prima ancora di averlo assaggiato. Se il pezzo arriva già lucido, probabilmente è stato spennellato con il nikiri e va mangiato così com'è.
🔹 Oltre le Bacchette: Altri Gesti di Rispetto a Tavola
Ma il galateo non si esaurisce nell'uso corretto delle bacchette. L'intera esperienza del pasto è scandita da piccoli rituali che esprimono rispetto e consapevolezza.
👉 Il Primo Gesto di Purificazione (おしぼり, oshibori): Appena ci si siede in un ristorante, viene quasi sempre offerto un oshibori, un piccolo asciugamano umido (caldo d'inverno, freddo d'estate). Il suo unico scopo è quello di pulirsi le mani prima di mangiare. È considerato molto inelegante usarlo per pulirsi il viso, il collo o, peggio ancora, come tovagliolo per pulire il tavolo.
👉 L'Arte di Condividere (取り箸, toribashi): Quando si mangia in gruppo, molti piatti vengono serviti in grandi vassoi di portata comuni (大皿, ōzara). Per servirsi, è un tabù assoluto usare la parte delle proprie bacchette che è già entrata in contatto con la bocca. Si devono usare le bacchette di servizio (取り箸, toribashi), se presenti. In contesti più informali, se non ci sono, si usa un'etichetta precisa: si ruotano le proprie bacchette e si usa l'estremità superiore, quella che non si porta alla bocca, per prendere il cibo e depositarlo sul proprio piattino (取り皿, torizara). È un gesto che protegge la purezza del cibo comune.
👉 Il Brindisi e l'Arte del Versare (乾杯, kanpai): L'etichetta del bere è fondamentale. La regola d'oro è non versarsi mai da bere da soli, ma riempire sempre il bicchiere dei propri vicini, che ricambieranno il gesto. Il brindisi iniziale, il 乾杯 (kanpai), è un momento corale, ma di solito si fa solo una volta all'inizio.
👉 Non Sprecare (もったいない, mottainai): Infine, c'è una regola non scritta che è forse la più importante di tutte, legata direttamente al concetto di Itadakimasu. Lasciare il cibo nel piatto, specialmente anche un solo chicco di riso, è considerato un gesto di profonda ingratitudine e spreco (もったいない, mottainai). È un'offesa alle "vite" (命, inochi) che si sono ricevute e a tutta la fatica che è stata necessaria per portarle fino a quella tavola. Finire tutto, fino all'ultimo, è la forma più alta di ringraziamento.
Il Layout della Tavola: Dove va Cosa
Prima ancora di iniziare a mangiare, la disposizione delle ciotole su un vassoio di un pasto tradizionale (定食, teishoku) ci racconta una storia di equilibrio e rispetto. La disposizione non è casuale, ma segue una regola fondamentale nota come 左飯右汁 (sahan ushitsu): "riso a sinistra, zuppa a destra".
👉 La ciotola del riso (飯椀, meshiwan) va sempre posizionata alla sinistra del commensale. Nella cultura giapponese, la sinistra è considerata la posizione d'onore, e dare al riso questo posto d'eccezione ne riafferma la centralità.
👉 La ciotola della zuppa (汁椀, shiruwan) va a destra.
👉 Dietro, vengono disposti i tre contorni (おかず, okazu), solitamente con il piatto principale (主菜, shusai) in alto a destra, e i due contorni minori (副菜, fukusai) al centro e a sinistra.
Schema del 三角食べ (sankaku-tabe), o "mangiare a triangolo"
Questa disposizione non è solo estetica, ma anche pratica. Permette di seguire l'ordine tipico dei bocconi, il cosiddetto 三角食べ (sankaku-tabe), o "mangiare a triangolo": si prende un boccone di riso, poi un sorso di zuppa, poi un po' di contorno, e si ricomincia, alternando continuamente i sapori in un ciclo armonioso. È anche per questo che le ciotole di riso e zuppa si sollevano (椀は手に持つ, wan wa te ni motsu): tenerle in mano facilita questo movimento triangolare e, come abbiamo visto, è un segno di profondo rispetto per il cibo.
La Fine del Pasto: Chiudere il Cerchio della Gratitudine con "Gochisōsama Deshita"
Così come c'è un rito per iniziare, c'è un'espressione altrettanto importante e densa di significato per concludere, chiudendo il cerchio della gratitudine: ご馳走様でした (gochisōsama deshita).
🔹 Le Origini: L'Ospite che "Correva" per il suo Invitato
Per capire questa espressione, dobbiamo tornare al suo cuore etimologico, la parola 馳走 (chisō).
・ 馳 (chi): è un kanji che significa "correre", ma specificamente "correre a cavallo".
・ 走 (sō): significa "correre" a piedi.
L'immagine originale, che risale a un'epoca in cui procurarsi gli ingredienti era un'impresa, è quella di un ospite che letteralmente "galoppava in giro" (馳走, chisō) per trovare i migliori prodotti, cacciare la selvaggina e raccogliere le verdure più fresche per onorare il proprio invitato. La parola chisō è diventata quindi sinonimo di "banchetto", "festa sontuosa", un pasto preparato con il massimo sforzo e la massima cura.
🔹 Il Significato Profondo: Un Ringraziamento per la Fatica Umana
Aggiungendo i suffissi onorifici Go- e -sama, e la forma al passato deshita, l'espressione Gochisōsama deshita diventa un ringraziamento incredibilmente rispettoso e sentito, che possiamo tradurre come: "Grazie per questo magnifico banchetto (per cui vi siete dati tanto da fare)".
Se Itadakimasu è un ringraziamento per le "vite" (命, inochi) e i doni della natura, Gochisōsama è il suo perfetto completamento: è un ringraziamento per la fatica umana, per l'impegno, l'abilità e l'ospitalità di tutte le persone che hanno contribuito a trasformare quegli ingredienti in un pasto. È la parola che riconosce e onora lo sforzo.
🔹 L'Uso Pratico: A Chi si Dice?
Questa espressione viene usata in diversi contesti:
・ A casa: Si dice alla persona che ha cucinato, per ringraziarla del suo lavoro.
・ Al ristorante: Si dice al personale o allo chef quando si lascia il locale, per mostrare apprezzamento.
・ Anche da soli: Molti giapponesi lo dicono a bassa voce anche quando mangiano da soli, come un momento di chiusura rituale, un ringraziamento generale per il pasto ricevuto.
Insieme, Itadakimasu e Gochisōsama sono le bellissime parentesi che racchiudono la filosofia giapponese del cibo: un'apertura di gratitudine verso la natura e una chiusura di gratitudine verso l'uomo.
食育 Shokuiku: Educare alla Gratitudine
La filosofia di gratitudine racchiusa in Itadakimasu non è solo un'eredità del passato affidata alla tradizione familiare. Nel Giappone contemporaneo, è un valore ritenuto così fondamentale per il benessere della nazione da essere stato trasformato in una vera e propria materia di studio, codificata dallo 食育基本法 (Shokuiku Kihonhō), una legge nazionale nel 2005: lo 食育 (shokuiku), o "educazione alimentare".
Ma attenzione: non si tratta di semplici lezioni di nutrizione su calorie e vitamine. Lo Shokuiku è un approccio olistico che mira a insegnare ai bambini, fin dai primi anni di scuola, un rapporto sano e consapevole con il cibo. I suoi pilastri sono:
👉 La Conoscenza: Capire da dove viene il cibo, il ciclo delle stagioni (旬, shun) e l'importanza del lavoro di agricoltori e pescatori.
👉 La Sicurezza: Imparare a scegliere alimenti sani e sicuri.
👉 La Cultura: Preservare e tramandare le tradizioni culinarie giapponesi (和食, washoku).
👉 La Gratitudine: E qui il cerchio si chiude. Il cuore dello Shokuiku è proprio l'insegnamento della gratitudine per il cibo.
L'esempio più potente di Shokuiku in azione è il pranzo scolastico (給食, kyūshoku). In Giappone, il pranzo non è un momento di caos, ma un rito educativo. Gli studenti, a turno, indossano camici e mascherine e servono i pasti ai loro compagni. Si mangia tutti insieme, la stessa cosa, e il pasto inizia solo dopo aver recitato Itadakimasu all'unisono e si conclude con un Gochisōsama corale. È in questo rituale quotidiano che la filosofia della gratitudine viene instillata e trasformata da concetto astratto a pratica vissuta.
Per approfondire: la gratitudine tra le righe
🔹 Saggi e fonti filosofiche
Dōgen Zenji, "Tenzo Kyōkun" (典座教訓 - "Istruzioni per il Cuoco Zen", XIII sec.): forse il testo più importante mai scritto sulla filosofia del cibo in Giappone. Dōgen, il fondatore della scuola Sōtō Zen, non scrive un ricettario, ma un manuale spirituale per il cuoco del monastero (典座, tenzo). Insegna che la preparazione del cibo è una pratica meditativa. Bisogna trattare ogni ingrediente, anche il più umile, con il massimo rispetto, "con la stessa cura con cui tratteresti i tuoi stessi occhi". È qui che troviamo la radice filosofica più pura di Itadakimasu: la gratitudine per l'immenso sforzo (功, kō) dell'universo che ha portato quel cibo fino a noi.
Michael Ashkenazi & Jeanne Jacob, "The Essence of Japanese Cuisine: An Essay on Food and Culture": un saggio antropologico che analizza come il pasto in Giappone sia prima di tutto un evento sociale strutturato. Gli autori esplorano come le regole, l'etichetta e la disposizione stessa dei piatti non siano casuali, ma servano a rafforzare i legami sociali e a comunicare rispetto, concetti che sono il fondamento del galateo a tavola.
🔹 Romanzi che "assaporano" il cibo
Durian Sukegawa, "Le ricette della signora Tokue" (あん, An): l'abbiamo già citato, ma qui è praticamente obbligatorio menzionarlo di nuovo. La signora Tokue non "cucina" la marmellata di fagioli rossi, ma "ascolta" la voce dei fagioli. Il suo approccio alla preparazione del cibo è una manifestazione quasi animista di Itadakimasu: un dialogo rispettoso con le "vite" degli ingredienti, un atto di gratitudine che trasforma un dolce in un'opera d'arte spirituale.
Banana Yoshimoto, "Kitchen" (キッチン, Kicchin): un romanzo iconico dove la cucina diventa l'unico luogo di salvezza e di elaborazione del lutto per la protagonista Mikage. Cucinare per gli altri e condividere i pasti sono gli unici rituali che le permettono di ricostruire i legami affettivi e di ritrovare un senso dopo la perdita. Il cibo non è nutrimento per il corpo, ma per l'anima.
Hiromi Kawakami, "La cartella del professore" (先生の鞄, Sensei no kaban): la storia della delicata relazione tra una giovane donna e il suo anziano ex professore è scandita quasi interamente dalle loro serate in un izakaya. La descrizione minuziosa dei piatti che ordinano e del sakè che bevono non è un vezzo, ma il linguaggio stesso del loro affetto crescente. Il pasto condiviso diventa il vero protagonista e il rituale che permette a due anime solitarie di entrare in connessione.
Per vedere il galateo in azione
Il rapporto quasi ossessivo e amorevole dei giapponesi con il cibo e le sue regole è un tema frequentissimo anche nella loro cultura popolare.
🎥 Cinema: il film definitivo sull'argomento è "Tampopo" (タンポポ, 1985) di Jūzō Itami. Definito un "ramen western", è una celebrazione esilarante e allo stesso tempo serissima dell'arte di preparare e, soprattutto, di mangiare il ramen nel modo corretto. La famosa scena in cui un maestro insegna a un novizio il rituale per gustare una ciotola di ramen è una lezione di galateo indimenticabile.
🍥 Anime/Manga: il genere dei "gourmet manga" (グルメ漫画, gurume manga) è vastissimo. Opere come "Food Wars!" (食戟のソーマ, Shokugeki no Sōma) di Yūto Tsukuda e Shun Saeki, il più quieto e contemplativo "Wakako-zake" (ワカコ酒) di Chie Shinkyu, sono interamente dedicate alla gioia quasi spirituale della preparazione e del consumo del cibo.
L'Etica del Non-Spreco: Itadakimasu e Mottainai Oggi
La profonda gratitudine espressa in Itadakimasu non è solo un sentimento astratto, ma si traduce in un principio etico che governa il rapporto dei giapponesi con le risorse: il concetto di もったいない (mottainai).
Mottainai è una parola quasi intraducibile, un misto di "che spreco!", "che peccato!" e un senso di rammarico per qualcosa di prezioso che viene usato in modo improprio o non al suo pieno potenziale. Se Itadakimasu è la gratitudine per aver ricevuto la "vita" degli ingredienti, Mottainai è il senso di colpa che si prova nel non onorare quella vita fino in fondo.
Questa filosofia si manifesta in pratiche concrete che mirano alla riduzione degli sprechi:
👉 Porzioni Controllate: La cucina giapponese, con la sua struttura ichijū-sansai servita in piccole ciotole, incoraggia naturalmente il controllo delle porzioni (portioning), evitando gli eccessi.
👉 L'Evoluzione della "Doggy Bag": Tradizionalmente in Giappone non era comune chiedere di portare a casa gli avanzi (doggy bag), un po' per ragioni di igiene, un po' perché era considerato inelegante. Tuttavia, con la crescente sensibilità verso lo spreco alimentare, questa pratica sta lentamente prendendo piede, specialmente con il termine più moderno 持ち帰り (mochikaeri).
👉 L'Educazione a Scuola: Come abbiamo visto, il pranzo scolastico (給食, kyūshoku) è un momento educativo fondamentale in cui si insegna ai bambini a finire tutto ciò che hanno nel piatto, proprio in nome del mottainai e del rispetto per chi ha preparato il cibo.
Mottainai, quindi, è l'atto di gratitudine che si fa concreto. È la prova che la filosofia di Itadakimasu non è solo un rituale, ma un principio etico che ancora oggi modella le abitudini quotidiane e la coscienza ecologica del Giappone.
Conclusione: mangiare come atto di consapevolezza
Siamo partiti dal campo di riso (ご飯, gohan), abbiamo esplorato il mare e la terra (肉と魚, niku to sakana), e infine ci siamo seduti a tavola con Itadakimasu. Spero che questo viaggio ci possa insegnare che in Giappone mangiare non è mai un atto meccanico. È un momento di consapevolezza, un rito di gratitudine che connette chi mangia alla natura, alla fatica degli uomini e alla lunga catena delle vite che si perpetuano. Itadakimasu e Gochisōsama sono le bellissime parentesi che racchiudono questa filosofia.
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